11 Dicembre 2020 – Eccomi, recalcitrante da giorni, affronto le questioni di soap opera politica italiana. Ho rimandato più possibile perché l’argomento non mi interessa, ma è talmente onnipresente nei nostri quotidiani che ad un certo punto bisogna forse parlarne.
Lo voglio fare da un punto di vista soprattutto: il potere di chi non vale niente.
Questa frase può far pensare che per “valore” intendo dal punto di vista personale del singolo politico. Intendo invece dal punto di vista elettorale. Quanto vale Iv? Niente, appunto. Ma in Italia, chi non vale niente è sempre valso molto di più di chi vale. Ed è la ragione per la quale non sopporto il sistema proporzionale.
D’accordo, è sicuramente il più democratico. Un voto vale uno. La necessità di fare compromessi per cercare di tenere in mente la maggior parte dei voleri dei cittadini italiani nelle decisioni del nostro paese. Ho spesso parlato dell'”inciucio” come requisito fondamentale della democrazia.
Bene, io non sono molto democratica, perché una cosa sono i principi, una cosa è la realtà. Io sono contro gli inciuci, in quanto vorrei un sistema che non li rendesse imprescindibili per governare.
Sarei per il maggioritario a doppio turno. I due partiti più votati tornano alle urne, il paese vota per decidere, arrivati al dunque, chi dovrà prendersi la responsabilità di governare e, alla fine del mandato, farsi giudicare per i risultati ottenuti.
Per me la democrazia significa sì il compromesso, ma soprattutto significa che chi vale il 2 o il 3% degli italiani non arrivi ad avere un tale potere, il potere del ricatto, da diventare quasi più improtante dei veri partiti di maggioranza.
Renzi non è il primo caso: Bertinotti, Mastella, Casini, solo per citerne alcuni. Piccoli persoanggi insignificanti che però, per decenni, hanno guidato, deciso la vita e la morte di tantissimi governi. Vorrei davvero smettere di ascoltare critiche continue ai governi di turno, finchè non si crei un sistema per cui i partiti abbiano davvero il potere prendere decisioni sulle quali essere poi giudicati.